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Esempio dell'abilità artistica di Pascal Quignard, questo particolare romanzo intreccia con eleganza elementi formali della poesia giapponese e tratti della cultura Heian con il mondo declinante della Roma tardo-imperiale. Senza mai svelare la finzione, Quignard simula il ritrovamento del diario di un'anziana patrizia romana, Apronenia Avizia, vissuta all'epoca delle invasioni barbariche e dell'affermazione del Cristianesimo. Quignard fornisce le fonti del testo, copia dell'originale inciso su tavolette di bosso cerate: annotazione di acquisti di vini e tessuti, ma anche di umori, percezioni, sogni, ricordi, liste di avvenimenti piacevoli, avversioni, preferenze sessuali. Benché Quignard presenti il diario come una traduzione dell'originale latino, agli occhi di un lettore attento il testo non soltanto si rivela intessuto di allusioni a opere di autori classici (Ovidio, Lucrezio, Petronio, fino a calchi di celebri epigrammi di Marziale) ma la sua struttura riprende lo stile del sôshi giapponese, con richiami formali e contenutistici alle «Note del guanciale» di Sei Sh?nagon, scrittrice e dama di corte dell'imperatrice Sadako, vissuta nel Giappone del X secolo.